STORIA DEL MUSEO

UNA BREVE INTRODUZIONE

Il museo è dedicato ad Antonio Scarpa, docente universitario, etnomedico, medico periodeuta ed ecologo delle malattie, che ha viaggiato e vissuto in tutto il mondo, per indagare le abitudini terapeutiche e diagnostiche e prognostiche di circa 130 gruppi etnici situati nei cinque continenti. La sua curiosità lo portò a viaggiare per 55 anni della sua vita e a raccogliere testimonianze di queste abitudini terapeutiche.

La collezione del professore comprende oltre 2000 oggetti, la maggior parte dei quali sono qui esposti; ma la raccolta vanta anche filmati, immagini, libri e trattati di medicina tradizionale nelle lingue locali. Essi, anche se talvolta possono risultare piuttosto curiosi, rappresentano il patrimonio di culture internazionali.

Il Museo rappresenta oggi il patrimonio di etnomedicina  più completo al mondo e si pone come base scientifica per la ricerca sul campo in tale disciplina.

1. LO SGUARDO

ANTROPOLOGICO

Questo museo vi introdurrà alle peculiarità e al fascino dell’antropologia. Il suo scopo è quello di farvi conoscere i modi in cui le diverse popolazioni umane promuovono la salute e affrontano la malattia.

L’antropologia è la disciplina scientifica che studia l’uomo, sia biologicamente che culturalmente. Per questo motivo, l’antropologia si trova oggi in una posizione privilegiata per superare la “grande separazione” tra natura e cultura (materia e spirito, corpo e mente) che abbiamo ereditato da Cartesio e che condiziona il nostro modo di vivere il corpo, l’ambiente, il cosmo, le relazioni, la salute e la malattia – un approccio che è solo uno dei tanti possibili…

2. DIVENTARE UMANI

L’enorme variabilità della nostra specie indica che gli esseri umani non sono tali per natura ma lo diventano attraverso un lunghissimo processo di umanizzazione.

Tutte le ricerche antropologiche si sono immediatamente scontrate con il fenomeno più caratteristico degli studi umani: gli individui e le popolazioni presentano ovunque una variabilità molto elevata che si manifesta tanto nei caratteri biologici (tratti anatomici e fisiologici, espressione genica, ecc.) quanto nei caratteri culturali (linguaggio, alimentazione, modalità di sonno, espressione delle emozioni, posizione di comfort, ecc.). L’antropologia non ha a che fare con un insieme di dati naturali universali, relativi alla specie e stabiliti una volta per tutte, ma con infinite variazioni.

3. PLASMAZIONI

I modi e i percorsi dell’antropopoiesi sono molti e gli esiti sono molto diversi. Questo è ciò che discipline come l’epigenetica, l'”antropologia dei microbi”, l’antropologia dello sviluppo e la psicologia cognitiva stanno indagando oggi.

Il processo di antropopoiesi traccia quello che molte culture hanno raccontato come la transizione dal Caos al Cosmo: il passaggio da un abisso invivibile di disordine e imprevedibilità a un universo regolare, conoscibile e abitabile. I modi per “fare ordine” sono molti. Ogni cultura plasma il mondo e gli individui secondo il proprio modo, che si basa sulle condizioni ecologiche circostanti e si declina in una miriade di pratiche, conoscenze, relazioni, concetti, costumi e norme. Ognuno trasforma i giovani di Homo sapiens in adulti specifici, compatibili con il mondo – materiale e simbolico, linguistico e ambientale – che devono abitare. Gli esseri umani sono sintesi biosociali: nel loro studio non è possibile separare ciò che viene dalla “natura” da ciò che viene dalla “cultura”.

 

4. MODI DELLA PRESENZA

La variabilità dei mondi umani comporta diversi modi di costruire soggetti coerenti con essi. Questo significa che le forme di soggettività, i modi di salute, le idee del corpo, le anatomie sono molteplici e varie.

Le culture sono dunque sistemi dinamici di relazioni, entità, pratiche, concetti, abitudini e conoscenze che formano un insieme ragionevolmente ordinato. Una certa coerenza tra un mondo e i soggetti che lo abitano, un rapporto equilibrato tra l’esterno (l’ambiente, le istituzioni, l’ordine cosmico, l’ordine del gruppo, il linguaggio etc.) e l’interno (la struttura pulsionale, il regime fisiologico, le conoscenze, i legami etc.), insieme alla possibilità di essere parte attiva della storia del proprio gruppo, è ciò che Ernesto de Martino chiamava presenza nel mondo.

5.FORME DELLA CRISI

Come le modalità di salute, le forme di crisi dipendono dalla cosmovisione che opera in quel contesto. Che si tratti di crisi minori, gestibili a livello familiare, o di crisi maggiori, che richiedono un terapeuta qualificato, le logiche terapeutiche rispondono alla più ampia logica culturale del mondo umano a cui appartengono.

6.MONDI DI CURA

I diversi mondi di cura che si incontrano sul pianeta sono fatti di scuole terapeutiche (non importa se di tradizione orale o scritta), di terapeuti esperti nelle forme di crisi che sorgono in quel contesto, di pratiche diagnostiche, di tecniche curative, di spazi di cura dove è possibile la transizione tra disordine e ordine, tra non ordinario e ordinario.