Mutilazioni del corpo
Gli interventi tesi a modificare il corpo, o parti di esso, risalgono a epoche remote e riguardano tutte le popolazioni del mondo.
Le ragioni che inducono a mutilare il corpo hanno origini diverse, ma riconducibili per lo più a motivazioni identitarie, d’appartenenza, di dominazione.
Un capitolo a parte meritano le mutilizioni genitali.
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La circoncisione, maschile e femminile, è molto diffusa nel mondo. I Musulmani la praticano solo negli uomini.
Nel maschio l’operazione consiste nel taglio del frenulo e nella asportazione del prepuzio con finalità anche igieniche, in quanto diminuisce molto il numero dei casi di infezione del glande e del prepuzio, frequenti presso i popoli che praticano una pulizia sessuale insufficiente.
In alcuni paesi dell’Arabia e a Nachiro in Eritrea, la circoncisione consiste non nella semplice asportazione del prepuzio, ma nello scuoiamento di tutto l’organo virile, fino alla sua base, e lo scuoiamento veniva esteso anche alla regione pubica e a quella ipogastrica. L’operazione, eseguita ancora oggi con mezzi di fortuna e senza anestesia, viene praticata sempre su soggetti grandi, già puberi, in cospetto di tutta la cabila, uomini e donne, comprese le fidanzate degli operandi.
La circoncisione (maschile e femminile), attuata verso l’epoca della pubertà, chiude spesso una serie di prove che caratterizzano l’iniziazione, cioè il passaggio dallo stato di adolescente a quello di adulto, capace, quindi, di fondare una famiglia, prendere parte ai consigli degli anziani e, per i maschi, di essere un guerriero.
In una gran parte dell’Africa equatoriale, l’operazione viene chiamata con il nome di ganza e serve a indicare sia la circoncisione tanto nell’uomo che nella donna, sia la castrazione negli animali domestici. Il ganza è praticato quasi sempre collettivamente, di solito una volta all’anno, e in forma separata per i due sessi.
Nella donna la circoncisione viene fatta a spese della clitoride e delle piccole labbra, ma alle volte vengono interessate anche le grandi labbra e, per una certa estensione, il monte di Venere. L’emorragia è spesso abbondante e per arrestarla si praticano fasciature di erbe appropriate. Le giovinette, appena operate, in Africa sono subito rivestite di una veste di foglie appositamente preparata per la cerimonia e fatte ballare senza posa al ritmo del tam-tam, sostenute da bevande e da una specie di esaltazione mistica. La mutilazione, la cui entità varia secondo le tradizioni locali delle varie tribù, non è esente da inconvenienti e le cicatrici, costituite da tessuto poco elastico, possono creare seri ostacoli all’accoppiamento e al parto.
L’incisione deriva probabilmente dalla circoncisione: si fa un piccolo taglio longitudinale interessante la parte superiore del prepuzio attraverso il quale viene fatto passare il glande. La si riscontra nelle popolazioni della Melanesia meridionale e nelle Nuove Ebridi. L’incisione nelle isole Figi non è rituale come nelle popolazioni sopraddette, ma terapeutica.
La subincisione dell’uretra consiste nell’apertura dell’uretra eseguita con un taglio sulla faccia ventrale del pene. Essa viene praticata da vari popoli e i tagli sono più o meno lunghi secondo le usanze, da piccoli interventi alla apertura completa del canale uretrale fino alla radice del pene. Presso i Samburu del Kenia l’incisione viene praticata, verso l’epoca della pubertà, dai ragazzi stessi o dai compagni.
Presso alcune popolazioni del Rio delle Amazzoni l’operazione è terapeutica e limitata a un piccolo taglio al di sotto del glande, per estirpare un parassita (Cetopsis candirus).
Nella perforatio glandis (ampallang) s’introduce nella ferita un oggetto sporgente e ciò per aumentare il piacere sessuale (Daiacchi, Toràjia e altre tribù dell’Indonesia).
L’infibulazione, eseguita secondo regole precise da provetti maestri, consiste nell’ostruire l’entrata della vulva. Essa è pressoché generale nel Sudan, tra i Somali e i Danachili e viene praticata in fanciulle di sette, otto anni d’età, nelle vedove che desiderano rimaritarsi e nelle donne i cui mariti stanno per compiere lunghi viaggi. L’operazione consiste, come nella circoncisione, nell’asportare le parti salienti delle piccole labbra e della clitoride. Successivamente, previa incisione, tutto intorno alla vulva e sull’orlo interno delle grandi labbra, viene sollevata una linguetta di mucosa di circa due centimetri di larghezza. Arrestata l’emorragia, si serrano strettamente l’una contro l’altra le gambe della bambina o della donna che vengono saldamente legate in modo da impedirle qualsiasi movimento. Le parti cruentate così si cicatrizzano e ostruiscono l’entrata della vulva. Per lasciare un passaggio alle urine, viene lasciato in sito un pezzo cilindrico di canna. Legature e cannula vengono mantenute fino ad adesione completa e definitiva delle parti operate. Se sopravvengono complicazioni, con il coltello o con un ferro arroventato si riapre la ferita, si cauterizza e si richiude di nuovo. Questa occlusione viene mentenuta fino al matrimonio o fino al ritorno del marito, poi nuovo intervento, con introduzione di una canna di dimensioni maggiori che rimane in sito circa un mese, cioè sino a completa cicatrizzazione dell’organo. Durante il parto, terzo taglio, perché le incisioni primitive hanno prodotto un cercine cicatriziale rigido che impedisce il passaggio del nascituro. Poiché il taglio si aspetta a farlo all’ultimo momento, spesso il bambino viene ferito alla testa.
Stumento per la circoncisione
Libia (1958)
Metallo
Strumento metallico intarsiato utilizzato in Libia per la circoncisione presso gli Ebrei.