Medicina Araba

La medicina Araba ha avuto inizio con Maometto, infatti norme di prevenzione, eugenetica e terapia sono contenute nel Corano.
La terapeutica ha una fondamentale matrice religiosa. I farmaci sono soprattutto d’origine vegetale e minerale, anche se uno spazio rilevante è riservato alla zooterapia. Inoltre numerosissime sono le fonti e sorgenti salutari, le cui proprietà terapeutiche sono riconosciute dai più lontani tempi.
La farmacologia è stata sempre molto coltivata. Nuove piante medicinali sono state introdotte e così pure nuovi prodotti chimici ad uso medicinale, per l’attenzione rivolta dagli Arabi alla alchimia, quindi alla chimica. Il sublimato, il precipitato rosso, il nitrato d’argento, provengono dalla farmaco-alchimia araba. Molte delle nostre preparazioni farmaceutiche portano nomi arabi: elisir, giulebbe, sciroppo, canfora, nafta e anche operazioni farmaceutiche, ovvero originariamente alchimistiche, come il bagnomaria, la digestione, la distillazione a mezzo alambicco. Attentamente codificata è la professione medica e numerose sono le figure dei terapeuti. Estratto dal volume di Antonio Scarpa “Itinerario per la visita al Museo di Etnomedicina – Collezioni Antonio Scarpa”, Erga edizioni, Genova, 1994. “Oggi in tutti i Paesi in cui vivono Musulmani, e non solo in Africa, viene seguita quella medicina tradizionale che era fiorente dal secolo X a tutto il XII in tutte le contrade abitate e conquistate dagli Arabi. La stessa che era predicata e praticata dagli antichi medici (Rhazès, Avicenna, Mèsue nel mondo arabo orientale ; Abulcasis, Averroè, Maimonide in quello occidentale, con epicentro Cordova)…
Nel dottrinario della loro medicina, che era greca, gli Arabi vi introdussero nuovi elementi, prima di tutto quello astrologico. Incominciano, poi, a descrivere le prime malattie (vaiolo e scarlattina ad opera di Rhazès). …E’ araba la terapia preziosa, tuttora in auge, basata sull’uso delle gemme, dell’oro potabile, delle perle, e quella che era creduta agire in merito di virtù nascoste, come la cura con le pietre magiche, oggi pure diffusissima. La psicoterapia era ed è correntemente e largamente applicata : cioè curare senza farmaci, solo con l’ilaaj nafsani o tabdir nafsaaniy come dicono gli Arabi. Numerosissime sono inoltre le fonti salutari, conosciute sin dai più lontani tempi per le virtù terapeutiche delle loro acque e che spesso si trovano dentro o nei pressi di una moschea o di un marabutto, che è la tomba di un santone. Questa medicina, di cui abbiamo messo in evidenza i tratti principali, vive tutt’oggi immutata nel popolo che le dette origine. Essa viene professata in mille forme e con mille mezzi da un’infinità di personaggi che spesso hanno poco a che vedere con il medico o con il farmacista, intesi questi secondo il nostro punto di vista.
Non vi è altra via, se ammalati, che ricorrere subito al fghîh, che significa versato nel figh, “scienza della legge canonica” ; ma poi la parola è passata a indicare il medico empirico, il fattucchiere e chi sa buona parte del Corano a memoria o leggere e scrivere. Troviamo poi il tabib, cioè il medico empirico. La preparazione di costoro avviene, per lo più, leggendo e rileggendo qualche vecchio manoscritto o qualche antico libro di medicina araba, ristampati oggi, a buon mercato, nelle tipografie del Cairo, di Algeri, di Casablanca. Spesso si tratta di manoscritti di antichi autori arabi, annotati ed aggiornati, da più moderni e contemporanei tabib. La lettura viene fatta senza alcun commento e ciò che si legge viene appreso come verità indiscussa. La professione è per lo più familiare.
Oltre al tabib, abbiamo in Africa del nord i Saydli, cioè i farmacisti. Si possono considerare saydli gli erboristi veri e propri dotati di una reale conoscenza delle più comuni piante medicinali, delle loro virtù curative e dei loro metodi di preparazione.
Un altro caratteristico tipo di “farmacista” lo si incontra specialmente nei suq delle vecchie città marocchine. E’ un po’ venditore di rimedi per tutti i mali, un po’ commerciante delle più svariate cose, un po’ fattucchiere. Le medicine che vi si trovano appartengono ai tre regni della natura, ma accanto a queste medicine vere e proprie, si trova tutto un armamentario indispensabile alle pratiche magiche e di stregoneria, e quindi pelli e parti disseccate di vari animali selvatici, di serpenti, di volpi, di sciacalli, di porcospini, rostri e penne di uccelli rari, artigli di rapaci, uromastici, camaleonti, ecc. Consigli medici e medicine vengono inoltre dati in tutta l’Africa dai marbut uomini pii, dediti alle pratiche religiose, spesso eremiti, che godono grandissimo ascendente presso le tribù arabe, perché creduti prediletti di Allàh, sapienti e dotati di virtù portentose. Né si possono passare sotto silenzio i ghenana, danzatori infaticabili, ai quali vengono attribuite virtù portentose, tra le quali la guarigione di ammalati, o di far cessare la siccità. Sono allora gli interessati, o i parenti del malato, che organizzano, a loro spese, queste danze propiziatorie. Come nella nostra antica medicina, un posto importante nella medicina araba occupano i barbieri, i quali praticano correntemente la chirurgia dentaria e fanno circoncisioni, causticazioni ignee e salassi. Per ciò che riguarda l’etiologia delle malattie, i djinn, cioè gli spiriti maligni, e il malocchio occupano il primo posto. I cessi, le fogne, i pozzi sono la dimora abituale dei djinn. I djinn si placano, specialmente, bruciando profumi nel kanun (fornello), che si porrà, successivamente, nei quattro lati del luogo che si vuole disinfestare. Se i profumi non bastano, il fghîh scriverà l’higâb, cioè una scrittura amuleto, che di solito è un verso del Corano o una frase magica. L’amuleto verrà portato al collo in apposite custodie, oppure bruciato e la sua cenere bevuta con acqua, con l’intenzione che nel corpo entri il potere magico della scrittura. Qualche volta la frase magica viene scritta su di un piatto che deve essere nuovo. La scritta è poi lavata con acqua piovana che viene bevuta. Nel caso di un ammalato, allo scritto si aggiunge il suo nome, quello della mamma e la data di nascita. Si fa poi la somma di tutte le lettere che formano le parole dell’amuleto. Se nel Kitab-et-ta-briz (libro per indicare la ventura), il numero viene a trovarsi nella “tavola della vita”, l’ammalato guarirà, se invece cade nella “tavola della morte”, morirà. Il malocchio è dato da emanazioni deleterie, provocate da certi individui, anche inconsciamente. Per fortuna vi sono altre persone e animali e piante e cose che emanano la bàraka, che sarebbe un contro-malocchio.
Poiché l’Arabo del popolo non fa distinzione fra dolori fisici e dolori morali, è sempre pronto a chiedere al soprannaturale quegli effetti che, secondo lui, la vera e propria medicina degli uomini non può dare. Sullo sfondo galenico, quindi, che caratterizza la medicina tradizionale araba, ha fatto buona presa la magìa. La magìa è più o meno praticata da tutti i guaritori dei mali sovrammenzionati, trova i suoi “specialisti” non nei mercati all’aria aperta o nei movimentati suk delle grandi città, ma in angoli reconditi delle “Medine” o in qualche località isolata delle oasi dell’interno. Questi hanno una clientela specialmente femminile : fattucchieri e fattucchiere sono, infatti, insuperabili nel preparare filtri d’amore soprattutto. Per esempio, in Algeria, fra questi è largamente consigliato ed usato il mardud zurga, cioè un cuscus (piatto nazionale arabo) speciale, “preparato dalla mano di un morto”. Bisogna all’uopo recarsi al cimitero di notte, dissotterrare la mano di un morto recente e far mestare e rimestare a questa il cuscus preparato in precedenza a casa. Questa pietanza così manipolata, viene data da mangiare dalle donne gelose al marito o al fidanzato infedele. Nella “terapia magica” araba grandissima importanza hanno i cimiteri la cui terra viene inghiottita come medicina e le vecchie tombe abbandonate.”

Bibliografia:
– Bayton T., 1984. Therapy with Medicinal Plants in Turkey. Past and Present.
  Univ. Istambul, Public. n. 3255, Istambul, pp. 52O.
– Bellakhdars J., 1978. Médecine traditionnelle et toxicologie ouest saharienne.
  Ed. Techniques Nord Africaines, Rabat.
– Bliss F., 1984. Volksheikunde in den ägyptischen Oasen der Westlichen Wüste.
  Curare, vol. 7 (1).
– Choffat E., 1968. Etude de la Santé publique dans un village marocain.
  Psychopathologie africaine, vol. IV, n. 3.
– De Lens M., 1925. Pratiques médicales des Harems Marocains. P. Geuthner, Paris.
– Lasry A., 1937. Histoire de la Pharmacie Indigène de l’Algérie et son Folklore. Oran.
– Leca A.P., 1986. La Medicina egizia. Ai tempi dei Faraoni. Ed. Ciba-Geigy, Milano.
– Panetta E., s.d. Medicina empirica e farmacologia della Libia.
  Rivista di Studi Libici, vol. 1, a. 3.
– Panetta E., 1940. Pratiche e credenze popolari libiche. Roma.
– Prosdocimo G., 1954. Tra i Libici del Sud Tripolino. Roma.
– Sarnelli T., 1943. La Medicina Araba. Medicina e Biologia, vol. IV.
– Sattin F., 1965. L’arte medica dei Garamanti e dei Tuaregh. In A. Scarpa :
  Miscellanea Etnoiatrica, Istit. Storia della Medicina, Università di Milano.
– Scarpa A., 1940. Sguardo sulla medicina indigena dell’Algeria e del Marocco.
  Riv. Med. Trop. e Studi di Med. Ind., a. IV, n. 4-5.
– Scarpa A., 1949. Tra i “Saydli” dell’Algeria e del Marocco. La Sorgente, n. 4.
– Scarpa A., 1950. Esperienze su un eventuale potere antielmintico della “Helba„
  Fitoterapia, a. XXI, n. 4.
– Scarpa A., 1950. Il “cacciatore di serpenti” di Luxor. La Sorgente, n. 6.
– Scarpa A., 1952. Su di una probabile azione farmacologica del “khellin” o
  visammina nella pertosse
. Gazzetta Medica Italiana, a. CXI, n. 7, 4.
– Scarpa A., 1962. La medicina araba. In : Nozioni di Etnoiatrica. Parte Speciale, Cap. 1.
  Ed. Martello, Milano.
– Venzlaff H., 1979. Zur Verwendung von Vögeln in der Volkmedizin Marokkos. Curare, vol. 2 (1).

Ventose per salasso

Maghreb (metà XX secolo)
Latta

La pratica del salasso è ampiamente diffusa in tutte le medicine del mondo, e in particolare ne ha fatto grande uso la medicina araba. La diffusione trae origine dall’antica teoria della “deriva degli umori”: estraendo il sangue si estrae anche la causa della malattia

Coppa ‘magica’

Africa del Nord (metà XX secolo)
Rame

La coppa presenta cesellate nella cavità frasi “magiche” e coraniche di cui si impregna il liquido che verrà versato nella coppa e poi bevuto.
L’ammalato acquisterebbe così i poteri terapeutici della scrittura.  

Custodie amuleti

Africa del Nord (Metà XX secolo)

 

Tamburello di un suonatore del Marocco

Tamburello di legno e pelle

Marocco (1938)
Legno e pelle

 

Tamburello di un suonatore terapeuta (ghenana) del Marocco. La cittadina di Jehjouka, tra Rabat e Tangeri, è nota per le sue musiche guaritrici.  Per ulteriori informazioni riportiamo quanto segnalatoci da Rehhal Ougdougough (2008-02-10):
Ghenawa o ghenana, gnawa, gnaoua, ecc… sono musicisti neri, all’origine schiavi. Nella loro cultura troviamo un sincretismo con l’Islam, nella sua forma più popolare, attraverso la devozione al ” Marabut” (persona santa e devota) e la costituzione delle confraternite.
Il culto dei santi è elemento importante poiché consente di trasferire in essi le divinità soprannaturali già venerate nell’Africa sub-sahariana politeista.
I ghenawa sono i protagonisti del rituale della “Derdeba”, momento di possessione con il quale culmina il rito religioso che si svolge nell’arco della notte “Lila”.
Lila implica 3 fasi:
– Ada: processione rituale;
– Kuyu: canti e danze all’inizio della cerimonia;
– M’luk: entità soprannaturale che viene venerata nel corso del rito.
Durante la Lila vengono invocati dai Ghenawa spiriti femminili quali le figlie, le mogli del profeta; talora delle sante o delle mogli di Jin allo scopo di curare e liberare le persone dalla possessione…
Il sacrificio di un animale, che precede la cerimonia, avviene nel pomeriggio al suono di tamburi e di crotali dei Ghenawa stessi.

Assa fetida

Gommoresina ricavata dal rizoma della Ferula assa-foetida L.

Africa settentrionale (1987)

La Ferula assa-foetida L. ha odore nauseante. E’ molto usata specialmente nella magia e perciò è conosciuta con il nome di fàsùh, che letteralmente significa “ciò che disfa”, sottintendendo i sortilegi.
Fa parte integrante di fumicazioni (bakhoura) contro stregoneria e malocchio.

In medicina è usata come farmaco diuretico, vermifugo, emmenagogo e antalgico. E’ anche indicata nelle malattie della pelle e nella sterilità femminile e come rimedio eroico contro la febbre malarica. Calmerebbe i dolori causati dalle morsicature di ogni genere, specie di serpenti di cui attirerebbe il veleno all’esterno.

Fascetta di qàt

Catha edulis

Isole Sulu (1971)
Vegetale


Il qàt (
Catha edulis) è un arbusto le cui foglie vengono consumate, per una loro azione euforizzante ed energetica, in alcune regioni dell’Asia, specialmente nel sud dell’Arabia, e dell’Africa Orientale.
Pur non essendo una sostanza stupefacente, il suo uso crea gravi problemi di medicina sociale.
L’azione del qàt, sia immediata, che a seguito del consumo protratto ed abituale della droga, si manifesta con perturbazioni del sistema neurovegetativo, che iniziano con una fase di eccitazione cui segue una depressiva.
Il suo uso terapeutico empirico, nell’idropisia, nella gonorrea, come antimalarico, galattagogo, ecc., è molto diffuso presso le popolazioni copte dell’Etiopia.
In Yemen alle foglie sono attribuite anche poteri magici. Per le sue caratteristiche farmacologiche è stato suggerito l’uso del qàt nell’obesità essenziale (provocando anoressia), nell’ipofunzione tiroidea, in psichiatria (psicopatìe del carattere, melanconia psichica, ecc.), nel divezzamento degli alcolizzati. Poichè in Yemen sono molto numerosi i tossicodipendenti da morfina e oppio, quando queste droghe per varie ragioni vengono a mancare, sono sostituite vantaggiosamente con il qàt (Chevalier J., 1911 ; Mancioli M. e Parrinello A., 1967 ; Scarpa A., 1987 ; 1988 ; 1989).
Partendo da queste osservazioni, non essendo il qàt uno stupefacente nel vero senso della parola, e non dando assuefazione, è stato proposto (Scarpa A., Guerci A., 1992) di sperimentare il qàt nel divezzamento dei tossicodipendenti, con graduali sostituzioni delle comuni droghe, che danno assuefazione, con questa che non ne dà o con altre che potrebbero agire in senso analogo, come la kawa (Piper methysticum G.Forst.) del Pacifico, il peyote (Lophophora Williamsii) del Messico, il San Pedro (Trichocereus Pachanoi Britton & Rose) e la ayahuasca (Banisteriopsis caapi Spruce ex Griseb.) del Perù.
 

Bibliografia:
– Chevalier J., 1911. Etude pharmacodynamique du Catha edulis. Bul. Soc. Pharmacol., XVII, 264.

– Getahun A., Krikorian A.D., 1973. Chat : Coffee’s Rival from Harar, Ethiopia. I. Botany, Cultivation and Use. Econ. Botany, 27, 4.

– Guerci A., 1992. Una proposta interessante per la medicina tradizionale andina allo scopo di combattere la tossicodipendenza. I Congresso Italo-Peruviano di Medicina Tradizionale andina, Salerno, Atti in corso di Stampa.

– Kalix P., 1991. The pharmacology of psychoactive alkaloid from Ephedra and Catha. Journal of Ethnopharmacology, 32, 1/3, 201.     

– Krikorian A.D., Getahun A., 1973. Chat : Coffee’s Rival from Harar, Ethiopia. II. Chemical Composition. Econ. Botany, 27, 4.

– Kristiansson G., 1988. Use of Khat in lactation women. Journal of Ethnopharmacology, vol. 53,6, Lettre Information.

– Mancioli M., Parrinello A., 1967. Il Qat (Catha edulis). La Clinica Terapeutica, vol. 43, 2.

– Monnot G., 1985. Le kat, or vert de la Mer Rouge. Tribune Médicale, 136.

– Radt Ch., 1969. Contribution à l’histoire ethnobotanique d’une plante stimulante : le kat au Yemen. Journal d’Agriculture Tropicale, XVI, 2/5.

– Scarpa A., 1992. Droghe, no alla dipendenza. Farmacia Naturale, 11, 9.

– Schopen A., 1983. Traditionelle Heilmittel in Jemen. Wiesbaden, Steiner, XVIII, 256.

– Weir Shelag, 1985. Qat in Yemen : Consumption and Social change. London, 190.

Mastica

Pistacia lentiscus L.

Magreb (1980)
 
La mastica (Pistacia lentiscus L.) è una resina prescritta come calmante nervoso e come emmenagogo, in infuso nel té.
Si usa come masticatorio per purificare l’alito e come cosmetico e depilatorio.
Le foglie, in infuso, sarebbero diuretiche, astringenti e emmenagoghe.

Strumento per la circoncisione

Libia (1958)
Metallo

Strumento metallico intarsiato utilizzato in Libia per la circoncisione presso gli Ebrei. 

Pagina del papiro di Smith

Egitto (1985)

Pagina del papiro di Edwin Smith, riprodotta su eguale papiro, che illustra il procedimento diagnostico degli ascessi.
Il testo è in arabo e inglese

Scarabei sacri

Egitto (1950)
Pietra

Coppia di scarabei sacri dell’antico Egitto, con poteri di amuleto.

Helba o fieno greco

Egitto (1967)
Vegetale


Secondo le osservazioni di Scarpa, in alcune regioni egiziane, i semi di helba o fieno greco (Trigonella foenum-graecum L.) vengono macerati in acqua e lasciati per una notte al chiaro di Luna, quindi offerti alla fidanzata prima del matrimonio per farla ingrassare, qualità molto apprezzata

Frutto di Coloquintide

Egitto (1967)
Vegetale
Diametro cm 7,5

Scarpa riferisce che il frutto di Coloquintide (Cucumis colocynthis L.) viene scavato e riempito di latte alla sera per berlo al mattino come purgante.
L’infuso di semi con aglio è ritenuto un antidoto contro il morso delle vipere.

Taccuino di Fghih

Quaderno di Fghih
Libia (1959)
Carta

Taccuino di un fghih (medico, uomo sapiente) composto da 31 pagine e copertina, proveniente dalla Libia. 

Incenso

Granelli di gommoresina (Boswellia sp.)
Maghreb (1961)
Vegetale

Esistono diverse qualità di incenso che secernono la nota gommoresina (Boswellia sp.) utilizzata nelle cure di bellezza e nelle fumicazioni rituali.
Come medicinale in piccole dosi è ritenuta attiva, dalle popolazioni locali, nelle calcolosi renali e vescicali, nella tachicardia e nell’emottisi. Come masticatorio è raccomandato contro l’aerofagia e l’alito cattivo.

Henné

Maghreb (1961)
Vegetale

Scarpa riferisce che la polvere di foglie di henné (Lawsiona inermis L.) triturate è utilizzata come tintura in India e nel Nord Africa; viene anche impiegata come medicinale (è chiamata la “droga dell’allegria”).
L’infuso di foglie serve come collirio.
La farina di henné si usa come cataplasma nelle affezioni cutanee, foruncoli, escoriazioni, ascessi.
Ha azione antisettica e cicatrizzante.
In periodo di epidemie si praticano tatuaggi con l’henné, che avrebbero azione profilattica.
Tinge in rosso capelli e barba; il colore diventa nero con l’aggiunta di noci di galla (Cynipidae)e di sale ammonico o di aglio (Allium sativum L.).

Galanga minore

Pezzi essiccati di Alpinia officinarum L.
Egitto (1961)
Vegetale

Scarpa riferisce che la Galanga (Alpinia officinarum L.) è un rimedio molto usato per curare tosse, affezioni renali, coliche, aerofagia, cattiva digestione. Sarebbe inoltre afrodisiaco e riscaldante.

Cumino

Maghreb (1961)
Vegetale

Scarpa descrive l’impiego del Cuminum cyminum L. come carminativo e stomachico; inoltre per curare gli orecchioni si applica cataplasmi sulla nuca.

Senna

Egitto (1961)
Vegetale

Scarpa riferisce che l’infuso delle foglioline di senna (Cassia angustifolia) è utilizzato come purgante, inoltre l’ittero si curerebbe con le foglioline seccate sminuzzate e poste a macerare con zucchero.

L’impiego della senna è raccomandato dal Corano: “Io vi ho raccomandato la senna e il miele, che sono due rimedi contro tutte le malattie” (Maometto).

Mano di Fatma

Egitto (1985 )

Involucro di sigarette con impressa la beneaugurale mano di Fatma.
La mano chiusa avrebbe azione profilattica, la mano aperta curativa.

Gomma adragante

Astragalus verus
Egitto (1985)
Gomma-resina

La gomma adragante si estrae dall’Astragalus verus e dall’Astragalus celticus.
Questa gomma-resina, secondo le credenze della medicina araba, favorirebbe la gestazione anche se non è priva di tossicità.

Zolfo

Polvere di zolfo (chiamata Kabrit)
Egitto (1967)
Minerale

Secondo le osservazioni di Scarpa il minerale è largamente usato nella medicina araba nel trattamento delle affezioni cutanee e, in vaporizzazione, contro le otalgie.
E’ considerato antidoto contro gli avvelenamenti.
Mescolato a miele viene somministrato per os nell’itterizia.

Robbia

Magreb (1986)
Vegetale

La Rubia tinctorum L. è nota per il suo principio colorante. Contiene l’acido ruberitrinico, capace di sciogliere calcoli biliari e renali.
Esternamente agirebbe nelle manifestazioni ulcerose tubercolari e carcinomatose della cute e delle mucose.
Nella medicina araba viene usata contro l’anemia, le malattie del sangue, la sifilide e come afrodisiaco.
E’ farmaco in Abissinia contro le emottisi e le emorragie uterine da parto. Probabilmente in questo uso entra in campo la teoria della segnatura, essendo gli steli e le radici fortemente colorati in rosso.

Rosari musulmani

Magreb (1986)

plastica e cotone

La misbaha è il rosario musulmano.
L’uso venne introdotto probabilmente dall’India attorno al II secolo a.C.
E’ composto da 99 grani divisi in 3 sezioni, più uno cilindrico che chiude la catena; la forma ridotta è di 33 grani.
Ogni grano rappresenta uno dei 99 Bei Nomi di Dio, nomi per mezzo dei quali il musulmano medita il mistero divino. Viene utilizzata anche per la recitazione dei versetti del Corano o delle preghiere, da ripetere molte volte.

Rasoio

Magreb (1983)

Questo attrezzo è il principale ferro chirurgico del tabib (medico) nel Maghreb.

Punte di fuoco

Maghreb (1987)
Ferro e legno

Con l’estremità arroventata del ferro dello strumento si praticano, in determinate zone del corpo, piccole ustioni come cura per diverse malattie. Sarebbe interessante verificare se le sedi ove si applicano le punte di fuoco della medicina tradizionale araba, corrispondono ad altrettanti punti dell’agopuntura e della moxa cinesi. (A. Scarpa, A. Guerci. 1980)

Favo d’api

Frammento

Maghreb (1987)

“Universale, sembra, la conoscenza che la puntura delle api (vedi medicina araba) giova nel reumatismo : ma è anche cura della gotta (Pacifico, Isole della Società), degli edemi, dell’idropisia, per provocare l’aborto, facendo pungere punti particolari (Indiani d’America, Guatemala). Anche nell’isola di Malta è noto il potere antireumatico del veleno delle api. L’insetto stesso, preso come medicina, ha virtù terapeutiche impensate.
Secondo il Shen-nung pen-ts’ao ching, attribuito al leggendario imperatore Shen Nung, padre dell’agricoltura e della terapia d’origine vegetale, le api curano le infezioni della testa, irrobustiscono la persona e se prese a lungo conferiscono un bell’aspetto, un colorito splendente e ritardano la vecchiaia. Vi è poi una grande ape gialla che fa bene al cuore, ai gonfiori, alla pienezza dell’intestino, rendendo leggeri e agevolando il flusso vitale. L’ape di terra guarisce il mal di gola e giova negli ascessi. Le api vengono prese, sempre secondo la farmacopea cinese, anche come antielmintico, come galattagogo, contro l’itterizia, nelle costipazioni dei reni. Le teste e le zampe non si usano in medicina. Gli insetti vengono tostati e alla polvere si aggiunge sale, vino e olio e così inghiottiti.

Anche in Venezuela troviamo le api usate nella ritenzione d’orina (tre api seccate e polverizzate con aggiunta di vino bianco).

Ma è il prodotto delle api, il miele, che impera sovrano come farmaco in tutto il mondo.
Presso i vari popoli esso ha tanta importanza che per alcuni, come i Guaiakì del Paraguay, si è parlato perfino di una “civiltà del miele” (Vellard). Essi hanno miele di diverse qualità che sanno distinguere ed utilizzare secondo i casi e vi sono mieli alimentari, mieli terapeutici, mieli inebrianti e mieli tossici. E’ impossibile elencare i vari usi terapeutici del miele. Secondo le medicine tradizionali esso entra, si può dire, in tutte le ricettazioni come edulcorante, come eccipiente, ma specialmente come vero e proprio farmaco, ritenuto miracoloso e divino. Dice il Corano : “E il tuo Signore diede un suggerimento all’ape : -Fabbricati abitazioni nei monti e anche nelle piante e nelle abitazioni degli uomini. Mangia, quindi, di tutti i frutti e va per le vie del tuo Signore sommessamente.- Esce dai ventri loro una bevanda dai colori vari, in cui è mezzo di guarigione per gli uomini ; vi è in ciò, un segno per gente che riflette” (Corano, XVI, 70-71).
Nella medicina araba il miele, affumicato e non affumicato, entra in un’infinità di prescrizioni : come cosmetico per abbellire gli occhi, per curare occhi che lacrimano, tracoma, nubecole, cataratta, congiuntivite purulenta ; serve ancora contro metrorragie e dismenorree, come antiabortivo e per avere bambini ; cura morbillo, varicella, sifilide, emicrania, raffreddore, tonsillite, ritenzione d’orina, febbre terzana e quartana, per la quale ultima bisognerà prima mangiare miele e poi bere latte direttamente dalle mammelle di una vacca. Il miele fa ancora ricuperare le forze, ingrassare, ritardare la vecchiaia. La donna, infine, che vuole “accrescere l’ardore del marito” deve farsi con un coltello sette piccoli tagli : dietro l’orecchio, a una guancia, a un braccio, a un piede, ad una coscia, al seno destro e all’organo genitale. Deve poi impastare il poco sangue che ne esce con miele per fare un dolce che servirà al marito.

L’Ayurveda indiana considera otto varietà di miele, ognuna con particolari virtù curative che si ripercuotono sui tre umori alterati : vayu, pitha e kapha. Il miele chiamato puttikas può risultare velenoso, il chnàtram è vermifugo, cura emottisi, psoriasi e una speciale malattia chiamata meha che interessa le vie urinarie. Quello conosciuto come àrghyam è specialmente indicato per gli occhi mentre l’auddàlakam aumenta la voce, piace come cibo, è antitossico e cura le affezioni cutanee. Il dàlam dissecca, è utile contro i vomiti, è lassativo e afrodisiaco, riduce il grasso e l’obesità.”

Libretto di preghiere

Maghreb (1987)

Piccolo libretto di preghiere (foto recto e verso).

Tavoletta coranica

Maghreb (1987)

La tavoletta in legno riporta una scrittura amuleto, tratta dal Corano, per fortificare la memoria, l’intelligenza e la parola.

“Non ha forse Allàh dilatato il suo petto per l’Islam?
Allàh luce dei cieli e della terra!
Ti invoco per il Tuo nome che hai posto sulle montagne;
Ti invoco per il Tuo nome che hai posto sulla terra;
Ti invoco per il Tuo nome che hai posto sui cieli!”

In genere l’Imam, in caso di malattia, scrive appositi versetti del Corano o frasi religiose con un inchiostro particolare.
Lo scritto viene poi lavato con acqua piovana che viene successivamente ingerita dal paziente..

Pianta di ruta

Ruta graveolens L.

La Ruta graveolens L. è una panacea della medicina tradizionale araba.
Viene usata contro l’epistassi, la cefalea, l’epilessia, le affezioni dell’apparato respiratorio, la gotta, gli edemi, le paralisi ; è diuretica, emmenagoga, anafrodisiaca.
Le sue proprietà abortive e tossiche sono ben note alle donne.
La ruta è pure usata nelle fumigazioni rituali per scongiurare la malasorte e il malocchio.
Essa è ricchissima di bàraka al punto che si ritiene vegliata dagli angeli.

Rimedio delle mille spezie

Ras el hanout Méchaikha

Egitto (1985)
Vegetali

Rimedio chiamato Ras el hanout o Méchaikha.
Letteralmente “Testa della bottega” o “Miscela di tutte le spezie, rimedio per tutti i mali”.
La composizione non è stata accertata.

Ex voto

Uovo di struzzo (Struthio camelus)

Marocco (1938)

Uovo di struzzo (Struthio camelus) decorato con piume e con un reticolo in pelle per essere appeso.
Si offre nella moschea come ex voto.

“Le uova di struzzo sono date come ottimo ricostituente a bambini, vecchi e convalescenti. Secondo l’uso tradizionale il guscio, ridotto a polvere impalpabile, viene passato sulle palpebre per allontanare le macchie bianche, le piume entrano in pomate dermatologiche: bruciate, poste sulla ferita, agirebbero come emostatico.
Infine il grasso  entra come eccipiente in molti farmaci antireumatici e vulnerari”. A. Scarpa

Geode

Maghreb (1972)
Minerale

I geodi avrebbero azioni “magiche”. Si appendono alla parete di casa contro il malocchio e i djinn malefici.

Geode

Maghreb (1972)

Sul guscio dell’uovo, con un inchiostro speciale, sono state scritte frasi magiche o versetti del Corano.
Mangiando l’uovo, il potere guaritore della scrittura entrerebbe nell’organismo.

Frammento di pietra

Proveniente da una piramide d’Egitto
Egitto (1950)
Frammento di pietra di una piramide d’Egitto che avrebbe proprietà terapeutiche.