Ayurveda

A. Scarpa scrive nel volume “Itinerario per la visita al Museo di Etnomedicina” (Erga edizioni, Genova, 1994)

“… Attualmente in India si contendono il campo due medicine. Da una parte vi è quella occidentale ; dall’altra si trova la vecchia medicina tradizionale indiana, l’Ayurveda, che è diventata ormai la medicina nazionale del Paese e come tale protetta anche per ragioni politiche. Tutte e due hanno decorosissime sedi universitarie, cliniche, laboratori, collegi tipo inglese per studenti di ambo i sessi, organizzano congressi, stampano riviste scientifiche.

L’antica medicina indiana, come si è verificato per altre medicine antiche, trae la sua origine dalla letteratura religiosa dell’India, compendiata nel così detto Veda, che si crede ispirato da Brahma.

Il Veda è composto di quattro raccolte:
–  il Rigveda (Veda degli inni),
– il Samaveda (Veda delle melodie),
– il Yajurveda (Veda delle preghiere),
– e l’Atharvaveda (Veda degli incantesimi).
Si presume che l’età del Veda si estenda, grosso modo, dalla fine del terzo millennio all’88 avanti Cristo.
L’Atharvaveda è la parte più recente delle quattro raccolte come redazione, ma non come contenuto, che è antichissimo e di grandissima importanza per ciò che riguarda i millenari usi e costumi dell’India.
Le prime concezioni mediche appaiono nel Rigveda e nell’Atharvaveda e da qui confluirono in una imponente materia medica ricavata dai tre regni della natura : animale, vegetale e minerale.

Continua

Accanto all’insegnamento dell’Ayurveda, nei centri frequentati dalla gioventù musulmana, si pratica anche quello arabo classico della medicina Unani .
La parola unani deriva dall’aggettivo junani che vuol dire ionico.
Essa non è altro che l’antica medicina greco-araba, cioè ionica, trasportata nella valle dell’Indo dalle armate di Alessandro il Macedone, e quivi affermatasi fino ai nostri giorni.

Una varietà della medicina Ayurvedica è la Siddha , che se ne discosta perché nelle terapie si ricorre a piante medicinali locali.
Pare che un’appendice dell’Atharvaveda fosse l’Ayurveda (Veda della longevità) e che quest’ultimo nome venisse, poi, diffuso per indicare la scienza medica.

Tutta l’Ayurveda si basa sulla teoria del Tridosha , cioè sui tre elementi della salute e della vita costituiti da:
Vatha (vento = respirazione),
Pitha (bile = digestione),
Kapha (flemma = forza fisica).
Questi elementi della salute vengono chiamati Dosha e in termini di Dosha vengono spiegate l’anatomia, la fisiologia, l’igiene, la patologia, la terapeutica, ecc…

…la quarta branca dell’Ayurveda, detta Bhûta-viya o malattie demoniache, tratta delle malattie (viya) causate dai bhûta, che comprendono gli spiriti, i demoni, le divinità adirate, l’influsso dei pianeti e delle costellazioni e, infine, il malocchio. Le varie parti del corpo umano, i suoi organi, infatti, sono sotto l’influenza di 8 pianeti, che corrispondono ad altrettante divinità. Essi sono rappresentati da un animale loro proprio : così il Sole ha il cavallo, la Luna il bue, Giove l’elefante, ecc.

Il vedaràla (guaritore) è il primo chiamato in caso di malattia ; egli fa la diagnosi e prescrive erbe e radici. Se si sospetta la presenza di demoni : yakku, prèteo, devàs-tàvo, o di influenze astrali, ci si rivolge allo stregone, sàstra-kariya, che fa altre diagnosi leggendo ogni cosa su una foglia di betel o sul palmo delle mani, oppure all’esorcista l’edura, che prescrive la danza appropriata e, infine, al ganitaya che legge l’oroscopo.

I demoni sono raggruppati in legioni capitanate dal re Vesamunu-Rajjuruvo, mostro dal gigantesco corpo blu con tre occhi, di cui uno nel mezzo della fronte. Non tutti i demoni sono provocatori di malattie, bensì solo i 18 yakka, chiamati sanniya.
Alcune malattie e la morte sono provocate da incantesimi conosciuti solo dall’edura come il kodivina, il pilluva e il kikili-pilluva.”

Bibliografia:
– Belo J., 1960. Trance in Bali. Bali, New York.
– Kapferer B., 1983. A celebration of Demons : Exorcism and Aestetics of Healing in Sri Lanka.
  Bloomington, Ind. : Indiana, Univ. Press.
– Lucas H., 1958. Ceylon Masken der Tanz der Krankheits Damonen. Kassel.
– Scarpa A., 1960. Danze medicinali. Rassegna Medica, a. XXXVII, n. 6.
– Wirz P., 1954. Exorcism and the Art of Healing in Ceylon. E.J. Brill., Leiden.

“Grandissima importanza hanno nella cura delle malattie gli yantra e i mantra.
Gli yantra sono diagrammi mistici e disegni geometrici nei quali vengono scritte alcune frasi o caratteri sillabici. Essi vengono preparati in speciali circostanze e scritti su foglie di palma o in lamine d’oro, o di rame e allora acquistano il carattere di amuleti. Chiuse in piccole custodie metalliche, le formule, arrotolate, si portano attorno al collo, alle braccia o ai fianchi contro possibili pericoli o danni. Altre volte sono fatti per nuocere ad altra persona o per aumentare il potere di un maleficio.
I mantra, invece, sono formule che bisogna pronunciare una o più volte, secondo una particolare prescrizione, in determinate ore del giorno o della notte…. Non vi è atto di magia che non sia accompagnato dai mantra che giocano anche un ruolo indispensabile nell’apparizione dei demoni delle malattie (yakku, prèteo o dèva-tàvo) e in tutte le cerimonie che li riguardano…

…Secondo la medicina ayurvedica gli esseri soprannaturali che possono provocare infermità si chiamano graha e formano otto gruppi : deva (divinità), asura (demoni), gandharva, pitri (mani), bhujanga (serpenti divini), rakshasa (mostri), yaksha e pisàcha (spiriti maligni).
Queste malattie hanno una loro sintomatologia bene distinta e sono incurabili se il graha è intervenuto dopo la caduta da un dirupo, da un elefante, da un albero o da un altro luogo elevato, oppure in vecchiaia.
Vi sono dei momenti precisi durante i quali una persona viene posseduta da un graha.
Affollato è il pantheon della medicina dell’India che, per quanto riguarda la parte meridionale, si identifica con quello dello Sri Lanka.”

(Per informazioni più approfondite rimandiamo al sito http://ayurveda.france.free.fr/)

Bibliografia:
– Bhisagratna K.K., 1963. The Sushruta Samhita. Traduz. inglese dal testo originale in sanscrito.
  Chowkhamba Sanskrit Series Office, Varanasi.

– Chopra R.N. and oth., 1982. Indigenous drugs of India. 2nd revised ed., XXXII, reprint,
  Calcutta, pp. 816.

– Huard P., Bossy J., Mazars G., 1978.
Les médecines de l’Asie. Ed. du Seuil, Paris.
Nohora S.B., 1989. Research on Medicinal Plants in India. A Review of Reviews.
  Curare, vol. 12, (1).
Scarpa A., 1955. Aspetti moderni di un’antichissima medicina. L’Ayurveda nell’India d’oggi
  Minerva Medica, vol. 1, n. 32.
– Scarpa A., 1956. Il risveglio dell’Ayurveda, l’antichissima medicina indiana. La Missione, Milano.
– Scarpa A., 1962. Nozioni di Etnoiatrica. L’Ayurveda o medicina tradizionale dell’India.
  II Parte speciale, Ed. Martello, Milano.
– Scarpa A., 1971. L’esercizio della medicina tradizionale a Ceylon. Riunione dedicata all’Etnomedicina.
  Società Italiana di Antropologia e di Etnologia e Istituto Italiano di Etnoiatria, Firenze, 8 marzo.
  In Episteme, vol. VIII, n. 1.

‘Pietra del serpente’

India (1953)

“In India si hanno circa 150.000 morti all’anno per morso di serpenti velenosi. Pochissimi dei colpiti vengono curati razionalmente con la sieroterapia, che non è ammessa dalle medicine tradizionali: Ayurveda, Siddha e Unani.
La base del trattamento consiste nell’applicare sul punto colpito la cosiddetta “pietra del serpente” o “pietra nera” , corno tostato di cervo, di daino e anche di bue.” A. Scarpa

La “pietra nera” è un carbone animale che si ottiene dalle ossa lunghe di bovidi calcinate al fuoco e che vengono utilizzate, a frammenti, contro i morsi degli animali a veleno. Si pone la pietra nel punto del morso e, agendo grazie al potere assorbente, estrarrebbe il veleno inoculato. Dopo l’assorbimento del veleno la pietra si stacca dalla cute, viene lavata nel latte, sciacquata nell’acqua ed asciugata al sole ed è pronta per il suo riutilizzo.
Questa pratica nasce nelle lande siberiane ove veniva impiegato il corno del cervo (pantui) per lo stesso uso. Questo corno contiene pantocrina, sostanza che pare abbia proprietà antitossiche. A. Guerci

Bibliografia:
– Scarpa A., 1960. I serpenti e l’etnoiatria. Rassegna Medica, a. XXXVII, n. 5.
– Epelboin A., 1977. La pierre noire, pierre à serpent. Pitré Salpetrière, Paris.
– Scarpa A., 1983. The “serpent-stone” or the “black-stone”. Social Science & Medicine, 3, Pergamon Press. In italiano : 1983,
  Quaderni di Scienze antropologiche, 9.

 

 

Statuetta di elefantino

Sri Lanka (1952)
Terracotta

 

Elefantino di terracotta che viene gettato in un fiume come pratica terapeutica.

L’elefante, assieme alla vacca sacra, occupa un posto di primo piano nella medicina tradizionale dell’India.

 

 

Recipiente per l’àcamana

Contenitore d’acqua

 

India ( 1953)
Lega pesante

Recipiente con cui si trasporta l’acqua del Gange o di altro fiume sacro o delle vasche dei templi, a domicilio per fare l’àcamana, cioè sciacqui del cavo orale.
Ogni acqua ha un potere terapeutico in quanto contiene, secondo i filosofi indiani, il prana, energia universale che penetra in tutte le cose. L’àcamana deve essere fatta ai due crepuscoli del mattino e della sera, prima e dopo la preghiera, dopo aver mangiato e dormito, dopo l’evacuazione, il bagno, lo sbadiglio, la passeggiata, quando si è stanchi. 

 

 

 

 

 

Neem

Bastoncini di neem sopra un tubetto di pasta dentifricia da esso ricavata

 India (1965)

Dentifricio chiamato neem, ottenuto industrialmente dal neem o margosa  (Azadirachta indica A. Juss.).
Gli indiani sono convinti che il neem li preservi dalla carie dentaria. Normalmente essi prendono un bastoncino della pianta, che masticano a un’estremità sfibrandola ed ottenendo così un rudimentale spazzolino da denti.

 

Bibliografia:
– Scarpa A., 1953. Primi risultati sulle ricerche eseguite intorno alla diffusione e gravità della carie dentaria in India. Rivista di Antropologia, vol. XL, 322-327.

– Scarpa A., 1953. Results of researches made on the diffusion and gravity of dental caries in India. Medical Digest, vol. XXI, n. 11, 631-637.

– Scarpa A., Corrain C., 1954. Risultati di ricerche eseguite sulla carie dentaria in India e a Ceylon. Rivista di Antropologia, vol. XLI, 22.

 

 

 

Vata-Sanniya

Maschera di Yakka

Sri Lanka (1953)
Legno policromo

Maschera del demone Vata-Sanniya che, secondo la tradizione, altera vàtha (vento) e provoca flatulenza, folle comportamento, convulsioni e bruciore degli arti.

 

 

 

Slesma-Sanniya

Maschera di Yakka

Sri Lanka (1953)
Legno policromo

Maschera del demone Slesma-Sanniya che, secondo la tradizione, provoca secrezioni mucose della bocca e dell’ano, attachi di ansietà e crisi epilettiche.

 

 

 

Kola-Sanniya

Sri Lanka (1953)
Legno policromo

Statuetta del demone Kola-Sanniya che raffigura il capo dei 18 demoni Yakka dispensatori delle malattie.
Di stirpe reale,secondo la leggenda, si vendica per le offese ricevute colpendo l’umanità con ogni sorta di malattie e di eventi calamitosi.

 

 

 

Kana-Sanniya

Maschera di Yakka

Sri Lanka (1953)
Legno policromo

Maschera del demone Kana Sanniya che, secondo la tradizione, provoca la cecità.

 

 

 

Kora-Sanniya

Maschera di Yakka

Sri Lanka (1953)
Legno policromo

Maschera del demone Kora-Sanniya che, secondo la tradizione, rende storpi.  

 

 

 

Vedda-Sanniya

Maschera di Yakka

Sri Lanka (1953)
Legno policromo

Maschera del demone Vedda-Sanniya che, secondo la tradizione, provoca la peste bubbonica.

 

 

 

Demala-Sanniya

Maschera di Yakka

Sri Lanka (1953)
Legno policromo

Maschera del demone Demala-Sanniya che, secondo la tradizione, provoca allucinazioni e incubi.

 

 

 

Kepala-Sanniya

Maschera di Yakka

Sri Lanka (1953)
Legno policromo

Maschera del demone Kapala-Sanniya che, secondo la tradizione, diffonde la pazzia tra gli uomini.

 

 

 

Golu-Sanniya

Maschera di Yakka

Sri Lanka (1953)
Legno policromo

Maschera del demone Golu-Sanniya che, secondo la tradizione, provoca cretinismo e mutismo.

 

 

 

Biri-Sanniya

Maschera di Yakka

Sri Lanka (1953)
Legno policromo

Maschera del demone Biri-Sanniya che, secondo la tradizione, provoca la sordità.

 

 

 

Maru-Sanniya

Maschera di Yakka

Sri Lanka (1953)
Legno policromo

Maschera del demone Maru-Sanniya che, secondo la tradizione, è il più temuto. E’ lo spirito della follia e del delirio e si comporta come un pazzo nel massimo della crisi. Egli annuncia il suo ingresso con ruggiti, scuote i sostegni del vidiya , si agita, sparge tutto attorno resina polverizzata alla quale dà fuoco dando così l’impressione di sortire dalle fiamme.

 

 

 

Amuku-Sanniya

Maschera di Yakka

Sri Lanka (1953)
Legno policromo

Maschera del demone Amuku-Sanniya che, secondo la tradizione, provoca il vomito incoercibile.

 

 

 

Gulma-Sanniya

Maschera di Yakka

Sri Lanka (1953)
Legno policromo

Maschera del demone Gulma Sanniya che, secondo la tradizione, provoca la verminosi.

 

 

 

Deva-Sanniya

Maschera di Yakka

Sri Lanka (1953)
Legno policromo

Maschera del demone Deva-Sanniya che, secondo la tradizione, provoca vaiolo, colera, febbre tifoide e altre malattie infettive.

 

 

 

Naga-Sanniya

Maschera di Yakka

Sri Lanka (1953)
Legno policromo

Maschera del demone Naga-Sanniya che, secondo la tradizione, provoca cattivi sogni e incubi, specialmente di serpenti.

 

 

 

Murta-Sanniya

Maschera di Yakka

Sri Lanka (1953)
Legno policromo

Maschera del demone Murta-Sanniya che, secondo la tradizione, provoca svenimenti e perdita di coscienza.

 

 

 

Kala-Sanniya

Maschera di Yakka

Sri Lanka (1953)
Legno policromo

Altezza max cm 20

Maschera del demone Kala-Sanniya che, secondo la tradizione, provoca la “morte nera”.

 

 

 

Pita-Sanniya

Maschera di Yakka

Sri Lanka (1953)
Legno policromo

Maschera del demone Pita-Sanniya che, secondo la tradizione, altera pitha (bile) e provoca sonnolenza, cefalea, vomito e terribili sogni.

 

 

 

Spirito Sanniya

Riproduzione della maschera Sanniya

Sri Lanka (1953)
Legno policromo

Maschera dello spirito Sanniya che, secondo la tradizione, guarisce dai morsi delle serpi velenose.  

 

 

 

Gara-Yakku

Maschera del demone Gara-Yakku

Sri Lanka (1953)
Legno policromo

Demone molto temuto, conosciuto, secondo la tradizione, per la sua voracità; appare in cerimonie organizzate nel caso di malattie, quando il raccolto è scarso o la mucca non dà latte o le termiti invadono la casa ecc…

 

 

 

Riproduzione delle marionette del teatro delle ombre giavanesi

Giava (1953)
Carta

Le marionette del teatro delle ombre giavanesi, nel passato, servivano a evocare gli spiriti dei morti. Ora esse rappresentano divinità ed eroi.
Vengono mosse da un solo burattinaio, chiamato Dalang, che riproduce voci sia maschili che femminili.

 

 

 

Continua

Foto 1 – La marionetta Anoman
Foto 2 – La marionetta Baladewa
Foto 3 – La marionetta Dosomuko
Foto 4 – La marionetta Gatotkatja
Foto 5 – La marionetta Kresna
Foto 6 – La marionetta Brotoseno

Cappelli

Ghana (1986)
Vegetale

Cappelli di materiale vegetale a larghe tese portati in Ghana per proteggersi dal sole.

Il sole ha una grande importanza come causa di malattie, ma anche come agente terapeutico.
Citiamo alcune credenze tra le innumerevoli registrate da A. Scarpa.

 

 

Continua

“Per i Pigmei dell’Africa equatoriale la febbre può essere provocata anche da un colpo di sole e gli Abissini dell’altopiano attribuiscono al sole molti malanni e lo temono assai quando sono indisposti o convalescenti. Cercano, quindi, di proteggersi più che possono dai suoi raggi e dalla luce troppo intensa.
Di parere diverso sono invece i Malgasci, i quali per curare il paludismo ricorrono anche all’esposizione del malato al sole, dopo avergli unto il ventre con grasso.

Nell’isola di Sri Lanka si crede che il sole controlli la testa e quindi produrrebbe cefalee e febbri che possono portare l’individuo a rapida morte.

Per sol na cabeza, presso i volghi del Brasile, non si intende solo l’insolazione, ma anche le cefalee in generale, dovute, secondo la credenza, ad una lunga esposizione alla luce solare. Il trattamento è a base di benzeduras (preghiere) e ricorrendo alla pratica del bicchiere d’acqua tenuto capovolto sulla testa, come per trattare le cefalee dovute alla Luna.
I Guayana dell’Alto Paranà, invece, si espongono ai raggi del Sole per curare i reumatismi.

Una consuetudine diffusissima in tutto il mondo, specialmente presso le popolazioni melanoderme, è quella di tenere il bambino appena nato al riparo della luce del sole, per un periodo più o meno lungo. Anche portando il bambino all’aperto, la madre, in certi luoghi, si preoccupa di ricoprirlo interamente per ripararlo. In Africa i Dagari, i Lobi e i Bobo usano particolari culle di vimini, munite di un coperchio che portano sul capo e dove rinchiudono i bambini. In Messico il bambino viene completamente avvolto in uno scialle (rebozo) e in Guatemala gli si copre interamente la testa con una grandissima cuffia.”

Bibliografia:
– Scarpa A., 1971. La biometeorologia vista da un etnoiatra. Congr. Intern. di Climatologia Lacustre, Como, Relazione.