Amuleto e talismano
Il termine “amuleto“, amuletum in Latino (già attestato in Plinio il Vecchio), deriva da amulitum, participio passato del verbo amoliri, che significa “rimuovere”, “allontanare” (il male).
L’amuleto è un oggetto che viene utilizzato, con funzione apotropaica, come “protettore” da mali, pericoli o per propiziarsi la fortuna, il benessere, la salute.
Gli amuleti possono essere semplici pietre o gemme, statue, monete, scritti, piante, animali, ecc.
La parola talismano deriva dal termine arabo Tilsam (o Tillsam) (pl. Talaasim, duale Tilsamaan) , che significa “segni magici”, “incantesimo”, “magia” ed è di origine persiana; essa proviene da tilismat (plurale di tilism) (“figura magica”, “oroscopo”) , che deriva a sua volta dal greco télesma, “cerimonia religiosa”. La catena etimologica esatta è pertanto: Greco télesma> Persiano tilism / tilismat > Arabo Tilsam / Tilsamaan (duale) > Spagnolo / Portoghese talisman, da cui lo hanno preso tutte le lingue europee.
Marco Giovini
Estratto dal volume di Antonio Scarpa “Itinerario per la visita al Museo di Etnomedicina – Collezioni Antonio Scarpa”, Erga edizioni, Genova, 1994.
“…Gli amuleti e i talismani (sslub, tbarid, harz, tlasim, hidjiab) sono per lo più costituiti da formule coraniche scritte su carta, stoffe, frammenti di terra cotta, ecc. Essi sono scritti con uno speciale inchiostro a base di henné (Lawsonia inermis L.) e sangue di upupa (Upupa epops L.). Spesso queste scritture sono associate a ingredienti ritenuti efficaci contro i cattivi geni (jnun-s) come l’harmal (Peganum harmala), l’allume, il sale, il corallo, l’occhio dell’upupa, un tampone imbevuto di sangue mestruale, ecc.”
Stampa amuleto
Thailandia (1963)
In Thailandia si appende alle pareti delle abitazioni questa stampa amuleto contro malattie e palle da fucile. Rappresenta un famoso monaco buddhista taumaturgo.
Maniki Neko
Giappone (1971)
Presumibilmente scagliola
Statuette che rappresentano il “gatto della felicità”, feticcio molto popolare in Giappone usato in numerosi luoghi e circostanze.
Shinno-No-Tora
Giappone (1971)
Cartapesta
Shinno-No-Tora è simbolo di forza e salute in Giappone e sarebbe indicato contro le epidemie .
Inu-Hariko
Giappone (1971)
Cartapesta
Inu-Harito, il cane di cartapesta che facilita il parto. Un cestino di bambù, posto sul suo dorso, arresta il pianto del bambino e impedisce che gli si ostruisca il naso
Yumsishi
Giappone (1971)
Gesso
Testa di leone che allontanerebbe le epidemie in Giappone.
La mandibola e le orecchie sono mobili grazie a un meccanismo a pressione manuale. Presenta un ciuffo bianco sulla fronte e un telo coprimano.
Feticcio telefonico
Benin (1979)
Viene impiegato per proteggersi dai ladri o per assistere i malati allorquando questi vengono lasciati incustoditi.
Il feticcio è formato da due figurine antropomorfe collegate da un rudimentale telefono. Per poter agire è necessaria una speciale mistura magica segreta, fornita dallo stregone, che si versa in un apposito contenitore che fa parte del feticcio.
Si crede che all’arrivo dei ladri o di improvviso malore del sofferente il proprietario dei beni minacciati o i parenti del malato siano avvertiti per “telefono” dal feticcio.
Custodie amuleti
Africa del Nord (Metà XX secolo)
El Ekeko
Messico (1961)
El Ekeko è il genio degli Aymara della salute, dell’abbondanza e della felicità.
La statuetta in gesso colorato è una raffigurazione moderna di un uomo con numerose suppellettili, tra i vari doni di cui è apportatore si nota anche l’aereoplano.
Per approfondimenti segnaliamo l’articolo di Mariantonia Capitanio e Cleto Corrain (Università degli Studi di Padova) pubblicato nel 2005 nell’Archivio per I’Antropologia e la Etnologia – Volume CXXXV.
Continua
Qualche cenno su sopravvivenze religiose preispaniche nelle Ande odierne.
…Nel 1982 ci imbattemmo, presso un antiquario di Roma, in statuine di Ekeko, o Equeco, o Ekhakho o Eq’aq’o, il dio incaico della prosperità, proveniente da Puno (Perù) e in una analoga, proveniente dalla Bolivia col nome di Dios de la Abundancia.
Uno degli Ekeko peruviani è una statuetta in gesso alta 16 cm, policroma, con poncho, sciarpa e cappuccio di maglia. Reca diversi oggetti appesi alle braccia: una casa di cartone, un sacco di stoffa pieno e chiuso, un tavolo con sedia di legno, una lattina, un materasso di stoffa, un ombrello di legno e lana. Originariamente portava anche un borsellino con monete, che fu rubato durante un’esposizione.
La statuina boliviana, alta 17 cm, e in gesso policromo e vestita con calzoni, panciotto e alta cintura, cui si aggiungono poncho, sciarpa e cappuccio in maglia. Trasporta vari oggetti: uno strumento musicale fatto di cannucce del tipo per bibite; una casa, rappresentata da una parete in ceramica con finestre; alcuni sacchi di stoffa pieni e chiusi; una vanga e un piccone di legno e metallo; un canestro di vimini; un’automobile in terracotta colorata; un sacchetto di coriandoli. Un altro esemplare reca: un cestino di vimini; delle brocche in terracotta; sandali in plastica; sacchetti con vari tipi di pasta per minestra, coriandoli, confettini; una casetta completa in gesso; una banconota in miniatura del Banco Nacional de Alasitas di La Paz.
Queste statuette, molto in voga in Perù e Bolivia, verrebbero acquistate spoglie di oggetti, se non proprio nude, quindi caricate di tutto quel ben di Dio che si desidera, e poi sepolte. Nell’antica versione peruviana del Paredes quest’ultimo particolare non risulta. Al suo Ekhakho si prestava culto costante: lo si invocava di frequente, specialmente quando incombevano le disgrazie. La sua immagine, in oro o argento o stagno o pietra o terracotta occupava in ogni casa un posto privilegiato. Gli si dava la forma di un ometto panciuto col corpo nudo ben conformato, le braccia aperte verso l’alto, e le mani tese. La testa era coperta o da un berretto (magari adorno di piume) o da un copricapo a punta (chullu). Dal suo portamento emanavano bontà e beatitudine, avendo la funzione di portare prosperità e gioia e di fugare ogni disgrazia. Non esiste capanna di indio dove non lo si ritrovi carico dei prodotti del raccolto o di scampoli colorati di tela o lana. Festeggiamenti in onore di Ekhakho duravano vari giorni del solstizio d’estate. Mentre i contadini gli offrivano i vari prodotti dei campi, gli artigiani gli regalavano i loro elaborati, come utensili in ceramica, morbidi tessuti e figurine in argilla, stagno e piombo. Chi non poteva dare nulla di personale si procurava le suddette cose barattandole con pietruzze appariscenti o dalle forme strane, trovate da qualche parte. Nessuno poteva rifiutare il cambio, altrimenti sarebbe incorso nello sdegno del dio. Solo di recente gli acquisti si sono presi a fare mediante bottoni o perfino denaro. Ekhakho è particolarmente venerato dalle ragazze, come il dio propizio alle unioni sessuali e ai matrimoni: lo invocano coprendolo di baci e di carezze.
Alcune statuine appaiono alquanto panciute e bardate, vestite di tuniche fino alle ginocchia; altre a capo scoperto cosi da somigliare alle immagini di Tihuanaca, altro personaggio sacro sopravissuto. Ambedue assumono l’aspetto ridente di uomini soddisfatti e ben pasciuti. Già ai tempi del Paredes la cosa si andava commercializzando. L’idoletto, dapprima venerato unicamente dagli Indios, era preso in considerazione da tutte le classi sociali: sono rare le famiglie che non esibiscono un Ekhakho nella loro casa.
La Barre (1948) ci informa che tale divinità è la più importante sopravvivenza religiosa degli Aymara. Le sue sembianze sono quelle già riferite, anche se si fa notare l’aspetto vagamente nanoide. Sta collocata sul pavimento della casa, bene in vista e carica di oggetti in miniatura. Anche a La Paz si svolgono feste in suo onore dette Alasitas, cui partecipano pure i sanguemisti e gli stessi bianchi dell’altipiano. Il nome indigeno Alasita viene attribuito anche alla fiera che si svolge nell’occasione. Si tratta di un mercato di oggetti in miniatura: pani, formaggi, scarpe, case, barche, vestiti, animali, sigarette, automobili, con cui adornare l’idolo, affinché procuri tutte queste cose ai suoi devoti. Come moneta di scambio compare denaro accanto a cocci ceramici e bottoni. La più grande Alasita si svolge nella piazza di San Pedro, a La Paz, dal 24 al 29 gennaio. Le statuine, non più nude come in passato, ma vestite con costumi aymara, sono alte sui 10-12 cm. Accanto all’idoletto viene sempre posta in vendita una composizione di terracotta in miniatura: è una fattoria completa di casa, animali, attrezzi e campi. In sostanza all’antica divinità si chiedono ora beni di origine europea.
Sia nel caso del culto alla Pacha Mama che in quello a Ekhakho è evidente la giustapposizione di credenze incaiche coesistenti col cattolicesimo lungo canali paralleli. Tali credenze e usanze possono essere il tramite per ricostruire le pratiche del passato precolombiano, finché si conservano abbastanza pure e leggibili, secondo la formula, a noi cara, delle correlazioni etnografiche con la preistoria o la protostoria.
Riferimenti bibliografici
– Corrain, C. e Capitanio, M. (1982) Atti del Convegno “Aspetti della religiosità popolare in Friuli”, Pordenone, ottobre 1982, pp. 155-160.
– Corrain, C. e Pugina, L. (1975) Amuleti e talismani dal mercato delle streghe (La Paz). Etnologia- Antropologia Culturale, 2: 2-7.
– La Barre, W. (1948) The Aymara Indians of the lake Titicaca plateau, Bolivia. American Anthropologist, 50 (n. 1, part 2): 1-250, 13 tavv. ft.
– Paredes, M.R. (1973) Mitos, supersticiones y supervivencias populares de Bolivia, IV. Ed. Burgos, La Paz.
Lucchetti ‘guaritori’
Camerun (1979)
Metallo e conchiglie
Lucchetti come questi vengono portati al guaritore, che li sotterrerà nel luogo del consulto per “chiudere” la malattia.
Scritture amuleto
Cina (1963)
Carta
I fogli, con le scritture amuleto, vengono bruciati e la cenere viene ingerita con il té, così il potere magico curativo della scrittura passa nel corpo umano.
Questa pratica (grafofagia) fa parte della medicina tradizionale cinese.
Talismani giapponesi
Giappone (1977 )
Tavoletta coranica
Maghreb (1987)
“Non ha forse Allàh dilatato il suo petto per l’Islam?
Allàh luce dei cieli e della terra!
Ti invoco per il Tuo nome che hai posto sulle montagne;
Ti invoco per il Tuo nome che hai posto sulla terra;
Ti invoco per il Tuo nome che hai posto sui cieli!”
In genere l’Imam, in caso di malattia, scrive appositi versetti del Corano o frasi religiose con un inchiostro particolare.
Lo scritto viene poi lavato con acqua piovana che viene successivamente ingerita dal paziente.
Ex voto
Marocco (1938)
“Le uova di struzzo sono date come ottimo ricostituente a bambini, vecchi e convalescenti. Secondo l’uso tradizionale il guscio, ridotto a polvere impalpabile, viene passato sulle palpebre per allontanare le macchie bianche, le piume entrano in pomate dermatologiche: bruciate, poste sulla ferita, agirebbero come emostatico.
Infine il grasso entra come eccipiente in molti farmaci antireumatici e vulnerari”. A. Scarpa
Geode
Maghreb (1972)
Minerale
I geodi avrebbero azioni “magiche”. Si appendono alla parete di casa contro il malocchio e i djinn malefici.
Hosùm
Maghreb (1979)
Carta
Gli Hosùm sono degli infallibili e sacri scongiuri coranici, stampati su grandi fogli di carta, che, debitamente incorniciati, vengono appesi alle pareti delle abitazioni.
Conchiglia amuleto
Libia (1959)
Ciondolo formato da una conchiglia amuleto con un cordoncino rosso.
Le conchiglie che provengono da un giacimento preistorico della Libia sono impiegate contro il malocchio.
Collane
Collane Tmìma o Knagh
Maghreb (1972)
Tmìma o Knagh sono collane composte di una pasta di chiodi di garofano, tagliata a triangoletti, intramezzati da palline di pietra dura, o ambra, o corallo, o vetro e sono credute apportatrici di buona sorte e di salute.
Geduel
Scritture amuleto
Libia (1959)
Fotografia di tre piatti con scritture amuleto.
Su un piatto che non sia mai stato usato, si scrivono con un inchiostro speciale versi del Corano o frasi magiche appropriate per la malattia che si vuole curare.
Il piatto successivamente viene lavato con acqua piovana che verrà bevuta.
Il potere “magico” guaritore della scrittura passa così nel paziente.
Frecce preistoriche di selce
Algeria (1938)
Selce
Queste frecce, in quanto appuntite, avrebbero anche potere apotropaico.
Rappresentazione dell’Universo azteco
Messico (1965)
Lana e cotone su bastoncino di legno
Per approfondimenti segnaliamo alcune osservazioni in proposito del prof. Juan Luis Ramirez Torres dell’Universidad Nacional de Toluca, Messico.
Continua
“El objeto pertenece a las culturas CORA y HUICHOL contemporáneas, y se le conoce como “ojos de dios”; esos dos pueblos habitan en los estado de Jalisco y Nayarit al Noroccidente de México; si bien su lengua, no estoy seguro, pertenece a la familia lingüística Uto-Azteca, poco tienen que ver con los Aztecas antiguos; los estudios de la época prehispánica suelen dividir al territorio de lo que actualmente es México y Centroemérica en dos grandes regiones económica, ecológica, y culturalmente: MESOAMERICA y ARIDOAMERICA, los aztecas habitaban en Mesoamérica, los huicholes entre Mesoamérica y Aridoamérica. SIN EMBARGO, LA división en CUATRO puntos MAS un CENTRO, efectivamente se corresponde con la división del universo que tenían los aztecas, aunque esta visión era compartida por los aztecas no le era exclusiva ya que por igual otros pueblos mesoamericanos (mayas, zapotecos, etcétera) compartían esta cosmovisión. Efectivamente los colores tienen un sentido en esta división, pero asociados con los cuatro colores del MAÍZ: rojo, blanco, negro y amarillo, cada uno se correspondía con el oriente, el poniente el “norte” y el “sur”, PERO, como se puede ver en la foto, esta división no coincide con la de los “ojos de dios”, la cual combina los colores (blanco, negro, rojo y amarillo) agregando el ROSA. La razón de esto obedece a que el manejo del color particularmente entre los huicholes es especialmente rico e intenso cromáticamente.
“Un ‘ojo de Dios’ equivale a un año en la vida de un niño y cada año, después de su iniciación en la Fiesta del Tambor apenas recién nacido, su padre debe elaborar uno más -a efecto de que siempre esté protegido- hasta que cumpla cinco años. Estos amuletos se juntan para integrar un ‘árbol cósmico’ que al finalizar la cuenta se echa al mar en un lugar sagrado que los wirrárikas tienen en San Blas.”
Los colores entre los huicholes quedan asociados a sus experiencias rituales bajo los efectos del peyote.
La forma se corresponde con los cuatro puntos cardinales y el centro de origen mesoamericano
El número cuatro se corresponde con los cuatro puntos cardinales.
“el significado de los llamados “Ojos de Dios” (Tzicuri) tan presentes en la cultura huichol. Les cuento. Los cinco rombos que contiene un “Ojo de Dios” hacen referencia a los cinco lugares sagrados para los huicholes (Aramara, Wiricuta, Jaurra Mánaká, Rapa Willeme y Teekata). Cada huichol cuenta con su propio “Ojo de Dios”, el cual lo comienza a confeccionar su papá con ocasión de su nacimiento y queda completado a los cinco años de edad (cinco rombos).”
El numero se relaciona con los años cumplidos por el niño
La forma muy cercana a la cruz, tanto de los “ojos de dios” como de otros casos en la cultura mesoamericana (Cruz de Palenque en la cultura maya, por ejemplo) obedece al sincretismo entre la noción precolombina de los cuatro puntos cardinales que coincidió con la cruz cristiana, fusión simbólica que en mi opinión (en parte esto lo traté en mi tesis doctoral) obedece a la noción universal del PLANO TERRESTRE el cual se asociascon el número CUATRO, a los números impares y al ámbito profano (cruz: cristo: dios en la TIERRA: Segunda Persona de la Santísima Trinidad, por ejemplo). Sin embargo, los ojos de dios no poseen entre los huicholes un culto directo a la cruz en su significado cristiano ni católico.
LA MADRE Y PADRE HUICHOLES LO USAN COMO PROTECCIÓN PARA LOS NIÑOS y PARA EVITAR riesgos durante el crecimiento.”
Collane
Amuleti
Messico (1965)
Piedra Iman
Messico (1965)
Pietra Iman dell’India formata da ematite, minerale che essendo calamitato, è ritenuto dotato di virtù speciali, in modo particolare contro mali fisici e morali e porta fortuna.
Emblemi ‘magici’
Messico (1965)
Candele colorate
Messico (1965)
Cera
Candele colorate di varie altezze, che si accendono in onore delle divinità e degli spiriti per ottenere i loro favori.
Chetab-Maharè
Etiopia (1939)
Pergamena
Il Chetab-Maharè dell’Etiopia è un amuleto formato da strisce di cuoio con scritte frasi religiose in lingua ghez e abbellite con figure di santi della religione copta.
Arrotolato e posto in una custodia, deve essere portato sulla persona per prevenire le malattie e le avversità.
Il rotolo aperto, sospeso al letto dell’ammalato, acquisterebbe invece virtù curative.
La striscia, per risultare efficace, deve essere lunga quanto la persona che la usa.
Bibliografia:
– Mercier J., 1982. Une thérapie par l’image : les talismans ethiopiens. Bulletin d’Ethnomédecine, n. 14.
– Tresca G., Fameli S., 1965. Appunti di etnomedicina eritrea. Pagine di Storia della Scienza e della Tecnica, a. XXV, vol. 21.
Noci di cola
Guinea-Bissau (1957 )
Vegetale
Le noci di cola (Cola nitida (A. Chev.) Schott. et Vent.
Cola acuminata Schott et Endl.) Sono di due qualità: la bianca e la nera.
Se ne fa un larghissimo consumo.
L’albero ha un carattere sacro ed i suoi frutti, oltre che come alimento di conforto, entrano in molte preparazioni medico-magiche e in abitudini della vita quotidiana.
Essi contengono caffeina e teobromina; i frutti neri favorirebbero la digestione e preserverebbero dalla carie dentaria e dalla piorrea alveolare.
In medicina la cola viene usata nella neurastenia, nella debilità fisica e nervosa, nell’insonnia, nella dispepsia e nella diarrea.
Con i frutti si costruiscono anche amuleti, polveri e bibite “magiche”.
Bibliografia:
– Kerharo J., 1969. La “noix” de kola. Origine et histoire. Emplois. Chimie et Pharmacologie. Médecine d’Afrique Noire, VI.
Pietre
Costa d’Avorio (1976)
Pietre “magiche” ad azione terapeutica, usate in Costa d’Avorio.
La pietra bianca è femmina e la pietra nera è maschio.
Velho negro, Vehla negra, Caboclo
Brasile (1961)
Ceramica
Le tre statuette, un tempo scolpite nel legno, raffigurano entità sempre presenti in ogni rito afro-brasiliano.
Si trovano anche nelle case dei meticci come divinità propiziatorie.
Esse rappresentano gli spiriti dei defunti.
Candele ‘magiche’
Perù, Bolivia (1975)
Sono comunemente chiamate “candele dei desideri” o “candele dei 7 Giovanni”. Sono di vari colori secondo ciò che si desidera.
“Si impugna la candela con la mano sinistra, si eleva al cielo una preghiera chiedendo allo spirito o al santo di propria devozione, che conceda la realizzazione del proprio desiderio.
Si accende la candela con la mano destra e la si pone su un piccolo piattino.
Dopo aver dedicato 21 minuti a pensare al desiderio bisogna osservare la candela sempre pensando al desiderio. Se essa si riaccende da sola il desiderio sarà appagato. Occorre poi recitare diverse preghiere in conclusione del rito.”
Le due candele esposte servono per fare buoni affari e per trovare tesori. Sono in rapporto con l’antico culto del fuoco.
Saponi ‘magici’
Venezuela (1975)
I “saponi magici” spesso trasmettono gli influssi benefici di personaggi indiani passati nella leggenda e divinizzati. Prima dell’uso è necessario farsi un segno di croce e dire amen
Continua
1. Pega-Pega, fragancia, ligereza, fé e costancia
2. Rosa de Jerico
Per diventare ricchi.
3. Sabon Guaicaipuro
Guaicaipuro è un leggendario capo indiano.
4. Destrancadera
Sapone magico ad azione generale.
5. Sapone del Negro
6. Negocio
Per gli affari.
7. Chango Macho
Per diventare ricchi.
8. Sabon Maria Lionza
Maria Lionza è un’eroina venezuelana passata nella
leggenda, il cui culto, specie in caso di malattie, è
molto diffuso in Venezuela.
Collanina apotropaica
Perù, Bolivia (1975)
vetro, semi
Bibliografia:
– Lupi A., 1977. Isoflavanchinoni delle radici di Jequirity (Abrus precatorius L.). Simposio Intern. sulla Medicina Indigena e Popolare dell’America Latina, IILA-CISO, Roma.
Saponi ‘magici’
America Latina (1975)
Portafortuna contro il malocchio e la stregoneria
Italia (metà XX secolo)
Vari portafortuna contro il malocchio e la stregoneria provenienti da alcune regioni italiane