Abbigliamento

L’abbigliamento in etnomedicina ha un ruolo molto importante; oltre a costituire motivo di ornamento riveste un carattere preventivo e curativo.

Estratto dal volume di Antonio Scarpa “Itinerario per la visita al Museo di Etnomedicina – Collezioni Antonio Scarpa”, Erga edizioni, Genova, 1994.

“Si crede che gli indumenti siano impregnati di “fluidi” della persona, necessari per ottenere la guarigione. Di solito i brandelli di vestiti vengono appesi agli alberi sacri come facevano i Celti dell’antica Scozia, quali ex voto”.

Sandali dei Tuaregh del Sahara

Brandelli di vestiti
Libia (1959)

Ex voto

Brandelli di vestiti
Libia (1959)

Taghìa

Cuffia per lattanti
Maghreb (1965)

Cuffia per lattanti contro il malocchio, chiamata Taghìa, sulla quale sono cuciti 10 amuleti: 2 cornetti di piccole gazzelle e vari monili.

Cappelli

Ghana (1986)
Vegetale

Cappelli di materiale vegetale a larghe tese portati in Ghana per proteggersi dal sole.

Il sole ha una grande importanza come causa di malattie, ma anche come agente terapeutico.
Citiamo alcune credenze tra le innumerevoli registrate da A. Scarpa.

“Per i Pigmei dell’Africa equatoriale la febbre può essere provocata anche da un colpo di sole e gli Abissini dell’altopiano attribuiscono al sole molti malanni e lo temono assai quando sono indisposti o convalescenti. Cercano, quindi, di proteggersi più che possono dai suoi raggi e dalla luce troppo intensa.
Di parere diverso sono invece i Malgasci, i quali per curare il paludismo ricorrono anche all’esposizione del malato al sole, dopo avergli unto il ventre con grasso.

Nell’isola di Sri Lanka si crede che il sole controlli la testa e quindi produrrebbe cefalee e febbri che possono portare l’individuo a rapida morte.

Per sol na cabeza, presso i volghi del Brasile, non si intende solo l’insolazione, ma anche le cefalee in generale, dovute, secondo la credenza, ad una lunga esposizione alla luce solare. Il trattamento è a base di benzeduras (preghiere) e ricorrendo alla pratica del bicchiere d’acqua tenuto capovolto sulla testa, come per trattare le cefalee dovute alla Luna.
I Guayana dell’Alto Paranà, invece, si espongono ai raggi del Sole per curare i reumatismi.

Una consuetudine diffusissima in tutto il mondo, specialmente presso le popolazioni melanoderme, è quella di tenere il bambino appena nato al riparo della luce del sole, per un periodo più o meno lungo. Anche portando il bambino all’aperto, la madre, in certi luoghi, si preoccupa di ricoprirlo interamente per ripararlo. In Africa i Dagari, i Lobi e i Bobo usano particolari culle di vimini, munite di un coperchio che portano sul capo e dove rinchiudono i bambini. In Messico il bambino viene completamente avvolto in uno scialle (rebozo) e in Guatemala gli si copre interamente la testa con una grandissima cuffia.”
 
Bibliografia:
– Scarpa A., 1971. La biometeorologia vista da un etnoiatra. Congr. Intern. di Climatologia Lacustre, Como, Relazione.

 

Cuffia di lana

America Latina
Guatemala (1969)